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domenica 29 luglio 2012

La ricerca e le bufale...

Dopo Carlo Ruocco con I truffatori della scienza parallela ed Eugenio Iannone con Metodo scientifico e strani fenomeni, anche Carlo Bernardini con La fioritura delle patacche  è sceso in campo contro quella che crede essere pseudoscienza, dimostrando anche lui soprattutto di confondere all'ennesima potenza il nuovo che avanza nella scienza con ciò che scienza non è. Ruocco, Iannone, Bernardini, sono accomunati dall'avere grande conoscenza delle materie che insegnano quanto grande ignoranza nel comprendere il cambio di paradigma scientifico contemporaneo.

Come lino.dl61 ha risposto a Ruocco (qui) e io a Iannone (qui), tocca ora a Gianni degli Antoni rispondere a Bernardini.

***


IN MERITO ALL’ARTICOLO DI CARLO BERNARDINI 

La fioritura delle patacche 
Dalla fusione piezonucleare alla profezia dei Maya, siamo sommersi da scoperte e teorie controverse, quando non vere e proprie bufale scientifiche. Una breve guida d'autore per comprenderne ragioni e origini 

Lettera aperta al prof. Carlo Bernardini 

Di Gianni Degli Antoni 
già Università di Milano 

La ricerca e le bufale.. 

Seguo un pò distrattamente la discussione sul tema RICERCA E BUFALE.

La distrazione si è ridotta quando ho visto il nome del prof. Carlo Bernardini.

Ho letto con molto piacere la sua lectio sulla mente umana... dove Il prof. Bernardini si avventura in temi che mi sono cari (le Scienza cognitive). L’interesse alla lettura era fortemente aumentato da antichi ricordi. sono stato vicino al prof. Giuseppe Occhialini su vari temi. In una qualche occasione incontrai il prof. Bernardini in una riunione dove persone giovani (allora lo ero) potevano partecipare ed abbeverarsi dal grande spirito di collaborazione verso i temi di ricerca sulla fisica delle particelle e sulla fisica dello spazio. 

Era l’epoca in cui in Italia Informatica ed Elettronica erano assenti quasi del tutto. Mi sembrava quella una lacuna per un paese che avrebbe dovuto progredire. Mi lamentai: Occhialini non solo mi lasciò fare... ma mi aiutò. E il mio primo seminario (da studente) sui temi di logica dei circuiti da usare nella fisica nucleare, lo feci proprio a casa di Beppo (Occhialini). Allora la collaborazione era possibile. E i giovani venivano lanciati nell’ignoto... ma non solo per dimostrare la validità di ipotesi e teorie suggerita dai capi. La logica della disconferma non aveva avvelenato il mondo della Scienza. L’esplorazione nell’ignoto era la base: al verifica sperimentale era il reale caposaldo del pensiero scientifico. La assenza della disconferma non era un argomento per negare la validità di fenomeni ed ipotesi. 

La elettronica e la informatica si diffusero. Mi orientai fortemente alla didattica di quelle discipline senza trascurare curiosità da capire ed esplorare. Sono molte le curiosità che ho seguito... e che seguo tutt’ora se volete come dilettante. 

Quando ancora ero studente (1962?). Il prof. Caldirola (insigne teorico) era stato informato di emissione di energia da una cella che conteneva Deuterio e Palladio. Chiese al mio correlatore di Tesi (Franco Potenza) di andare a verificare la ipotesi direttamente a Zurigo in prossimità della allora famosa Vitro Corporation of Ameria (vendeva reattori nucleari). Io come elettronico lui come tecnologo. Il prof. Caldirola aveva una opinione positiva della Teoria che gli era stata presentata. Ma disse chiaramente che senza un esperimento non poteva dare una opinione sul quel tema. Quindi andammo. Fu il mio primo volo in aereo ed il mio primo viaggio all’ estero. Ci fu presentato l’apparato: lo abbiamo analizzato con cura. Un geiger segnalava la presenza di radioattività: ma conoscevo di elettroni e raggi gamma e particelle alfa. Con un semplice pacchetto di sigarette mi fu facile dimostrare che le radiazioni erano normali onde elettromagnetiche... che il geiger segnalava come radiazioni nucleari. La radioattività semplicemente non esisteva.

Ma la storia era ben precedente al 1962. Si sapeva da molto tempo di emissione di energia anomala da zinco ed idrogeno... “Anomala” allora aveva un preciso significato: la assenza di spiegazione basata sulla conoscenza di allora. Comparvero presto Fleischman e Pons e seguiti subito da Giuliano Preparata. Ciò è noto: clamore per le idee di possibili sviluppi applicativi (fortemente sostenuti da pochi). Controffensiva di chi non ci credeva o non voleva crederci. Se la cosa avesse funzionato di sarebbero stati alcune questioni di Fisica da rivedere (io direi da estendere.. ma come? Non era scritto nei testi classici). 

La controffensiva spesso vergognosa (come ancora oggi) nascondeva forse anche qualche conflitto di interessi... nella stampa e perfino nella Magistratura Britannica si sono coalizzati... definendo Cattiva Scienza tuttò ciò che si faceva in quel settore, e bufale i risultati... 

Qui si potrebbero dire molte cose. Più che ricordare le molte conferme (oggi note) mi interessa sottolineare un fenomeno che rischia di distruggere il pensiero scientifico almeno per tutti noi poveri cristi influenzati dai media, proprio come dice il prof. Bernardini. Ovvero la battaglia contro la fusione fredda è stata condotta sulla base di assenza di teoria. E fin qui va bene. Ma la conclusione di chi sosteneva quelle tesi andava ben oltre: si negavano i fenomeni. E qui Carlo Bernardini ha ragione: come molte conoscenze sulle neuroscienze ci dicono... la ripetizione costruisce verità mentali. Ma ciò vale in tutte le direzioni. E oggi è stata costruita un autentica FALSA VERITA’ secondo la quale senza teoria non esistono i fenomeni. Ovvero si nega la evidenza (come diceva uno spot... I FATTI SEPARATI DALLE OPINIONI... che sola può costruire la base per le teorie e domani per le certezze scientifiche... 

Pensate... quando l’uomo scoperse quasi tutti i fenomeni da... Democrito a Tesla... di quel tutto non esistevano e spesso non esistono teorie...

Peggio: chi controlla? il mondo editoriale (e i suoi editori pià o meno puri) avrebbe il controllo su ogni futuro sviluppo scientifico... È questo che si vuole? 

E qui non posso non rivolgermi al Prof. Bernardini che (assieme al prof. Amaldi ed Occhialini ed altri... a suo tempo sostenne la iniziativa dell’allora nascente CERN (centro Europeo per la Ricerca)... ente che oggi segnala la scoperta della particella di DIO. Costi immensi... migliaia di ricercatori dedicati alle ricerche e tecnologie di quel prestigioso ente! No... prof Bernardini... Il tuo prestigio è troppo alto... Non puoi cadere nella trappola del rinforzare mediaticamente la idea che la Fusione Fredda sia una Bufala... Sembrerebbe che la ripetizione che tu segnali fra le origini delle bufale... sia alla base di una possibile svista. Che non può essere che tale... In quel caso non solo Kuhn sarebbe stato usato male... ma anche l’induttivismo Popperiano inconsapevole potrebbe aver fatto una sua comparsa... 

E badate bene sulla base di argomenti di un giovane, quegli argomenti avrebbero potuto essere bufale. La partecipazione ad un mondo in cui le ipotesi si costruiscono si discutono e si cerca di verificarle sperimentalmente è stata la educazione principale che Occhialini mi ha permesso di acquisire. 

Una educazione che si sta pericolosamente disperdendo nel nostro Paese.

20 : commenti:

Anto ha detto...

Vorrei fare una considerazione sull'articolo di Bernardini: trovo assurdo il continuo paragone con i Maya e i Cerchi nel grano, che non c'entrano proprio niente con la Scienza. Il tentativo di dare degli "esoterici" ai FF è un colpo basso, sembra un colpo dato per disperazione.

Precisazioni:

La profezia Maya non esiste. I Maya avevano almeno 3 calendari, solare, lunare e a lungo computo, che è quello che in 26k anni fa il... giro completo delle costellazioni, quello che segna tra l'altro la precessione degli equinozi. Al prossimo solstizio questi calendari si azzereranno. Punto. È un capodanno importante, per carità, io conto di dare una festa, e chi si diletta di esoterismo è libero di cercare nella direzione che preferisce. Ma.. che c'entra?

I Cerchi nel grano sono cerchi fatti ad arte nel grano. Altro punto. Il fatto di non sapere chi li faccia né quale tecnica utilizzi (ogni tentativo di replica con le corde ha prodotto disegni che in quanto a tecnica e creatività sembrano fatti da bambini) induce ovviamente alla curiosità, è un "mistero", e anche qui gli appassionati di determinate discipline sono liberissimi di fantasticare sulla produzione da parte di alieni, angeli, gatti mannari. Per quel che mi riguarda, me li guardo e me li godo quanto godo i disegni di Luìs Rojo. Però nessuno li ha mai fatti passare per scienza, quindi non si tratta di pseudo-scienza.

mario massa ha detto...

Gianni Degli Antoni scrive:
“Ovvero la battaglia contro la fusione fredda è stata condotta sulla base di assenza di teoria. E fin qui va bene. Ma la conclusione di chi sosteneva quelle tesi andava ben oltre: si negavano i fenomeni”

Non è così. La mancanza di teoria non è di per sé un motivo di rifiuto da parte degli scettici seri (cioè la grande maggioranza). La mancanza di teoria impone che le evidenze sperimentali siano assolutamente inoppugnabili, venendo a mancare la possibilità di previsione che una teoria permetterebbe.

Purtroppo gli sperimentatori nel campo LENR spesso (o sempre?) classificano come evidenza ciò che non lo è. Gli scettici, come il sottoscritto, non negano i fenomeni ma negano che la loro unica spiegazione sia da cercare nelle LENR. Solo quando si vedrà un test per il quale in nessun modo si potrà trovare una possibile spiegazione “tradizionale” si potrà dichiarare di essere probabilmente di fronte a un fenomeno LENR.

Il fatto che i fusionisti non seguano praticamente mai questa regola è ciò che dà loro poca credibilità.

Sotto metterò la continuazione di una (lunga e non ancora terminata) risposta che dovevo a Hermano Tobia, che mi pare chiarisce il concetto. La mia spiegazione di un fenomeno anomalo che compare in questa risposta potrà essere errata (e probabilmente lo è), ma il fatto che i ricercatori non l’abbiano presa in considerazione può significare solo due cose: o il sottoscritto è un ignorante, o loro (in questo caso la NASA) sono dei superficiali.

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia

Questa volta prenderò in considerazione gli articoli relativi alla prova della NASA del 1989 scoperta di recente da Celani, se non sbaglio.
Il riferimento è il seguente:
http://ecatsite.files.wordpress.com/2012/01/nasa_1989.pdf
insieme a quello cinese del 2003:
http://www.lenr-canr.org/acrobat/LiXZcorrelatio.pdf
e alla replica del 2006:
http://newenergytimes.com/v2/library/2006/2006LiuB-ExessHeat.pdf
Nonché i dati riportati dalla NASA nel 2009:
http://lenr-canr.org/acrobat/FralickGClenratgrcp.pdf

Hai fatto bene a mettere insieme questi link, perché proprio il loro confronto è il motivo principale che mi porta a considerarli inaffidabili e comunque ben lontani dal poterli considerare una dimostrazione inoppugnabile della produzione di calore in eccesso.

Poiché l’analisi di tutti è piuttosto lunga, per oggi mi limito al report originale della NASA del 1989. Appena posso ti scriverò degli altri e farò i collegamenti tra di essi.

Questo report è stato presentato da Celani come una evidente dimostrazione del calore anomalo, tenuto nascosto dalla direzione NASA per affossare la ff.
Leggendolo si ha esattamente il parere contrario, cioè che la ricerca era rivolta al trovare firme nucleari e ha dato risultati nulli. Durante tale indagine si è notata quella che è stata interpretata come una anomalia termica: al momento di togliere il deuterio, la temperatura del campione nel giro di 15 secondi è passata da 383°C a 400°C, e poi ha cominciato a raffreddarsi (come ci si aspettava, dal momento che il processo di deassorbimento assorbe calore dall’ambiente). Ciò che apparve strano è che il fenomeno avveniva col deuterio, ma non con l’idrogeno. Questo li portò a scrivere
“i risultati termici sono alquanto più interessanti” e alla fine della relazione:
“…si può solo meditare sulla causa del riscaldamento che avviene al momento dell’asportazione del deuterio e non dell’idrogeno dal palladio”
Che non mi sembrano frasi che dimostrino che Fralick fosse convinto di trovarsi veramente davanti a un fenomeno di ff: semplicemente non sapeva spiegarli e probabilmente riteneva opportuno indagarli più a fondo per scrupolo scientifico.
Anche il fatto che vengano presentati parecchi diagrammi relativi alle emissioni nucleari e nemmeno uno relativo a questa anomalia termica mi pare dimostri che anche gli sperimentatori erano convinti che ci fosse una spiegazione banale. Il fatto che il documento sia rimasto in un cassetto per tanti anni potrebbe essere dovuto al fatto che qualcuno alla fine la spiegazione banale la trovò e tutto finì lì.
(continua)

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia
(parte 2)
L’esperimento è stato condotto così:

1 – è stato utilizzato un purificatore di idrogeno a membrana di palladio come sistema per il test. Questi purificatori consistono in un contenitore coibentato che contiene un tubo di palladio che fa da filtro. Il gas da filtrare viene immesso in pressione all’interno del tubo di palladio, diffonde nella parete del tubo e passa filtrato nel contenitore. Per permettere una velocità di diffusione elevata il tubo è termostatato a temperatura dell’ordine di 400°C. Il volume di palladio era notevole: 25 cm3: questo dato non sarà trascurabile quando faremo i confronti con gli altri test che mi hai lincato.

2 – il tubo di alimentazione del purificatore è stato collegato alla uscita del gas purificato, in modo da avere la stessa pressione all’interno e all’esterno del tubo di palladio e in questo modo entrambe le facce del tubo erano esposte al gas (idrogeno o deuterio).

3 – Sul tubo è posizionata una termocoppia che è usata per la termostatazione.

4 – sono state fatte prove con idrogeno e con palladio

5 – sono state fatte prove con pressione (a freddo) variabile da 0.7 bar assoluti a 5.5 bar assoluti e temperatura del palladio variabile da quella ambiente a 389°C.

Durante l’immissione del gas (idrogeno o deuterio) si è registrato un temporaneo aumento della temperatura del palladio e dell’idrogeno a causa dell’assorbimento del gas da parte del palladio, processo che genera calore.

Alla fine di ogni test veniva tolta pressione mediante pompa del vuoto. Durante questo processo ci si aspetterebbe una riduzione della temperatura del palladio a causa del deassorbimento, processo che assorbe calore. Invece col deuterio si è assistito a una crescita per breve tempo della temperatura, seguita dall’abbassamento previsto. Il fenomeno non si manifestava con l’idrogeno.

Mia spiegazione

Purtroppo la foto dell’apparecchiatura è di qualità così scarsa da non poter capire come sono stati effettuati i vari collegamenti, ma mi aspetto che la connessione normalmente utilizzata per l’alimentazione del gas da filtrare sia stato collegato alla connessione normalmente utilizzata per l’estrazione del gas purificato mediante un tubo (probabilmente un flessibile) e mediante un doppio T alla bombola del gas e alla pompa del vuoto.

Alla fine dell’assorbimento la temperatura del sistema è stabile. Calore esce dal sistema attraverso le pareti coibentate e attraverso le connessioni ai tubi esterni, compensato dall’energia immessa nella resistenza elettrica che mantiene il tubo di palladio a temperatura costante.
Non è chiaro se i fenomeni di anomalia termica si siano verificati anche a bassa temperatura, ma certamente l’unico descritto nel testo avviene a temperatura di circa 400°C. Supporremo quindi che questa sia la temperatura di termostatazione del palladio.

A questa temperatura il calore scambiato tra la resistenza elettrica e il sistema avviene principalmente per irraggiamento, ma una componente non trascurabile avviene per convezione naturale, soprattutto se il test è a pressione superiore a quella atmosferica.
I numeri che metterò sono del tutto ipotetici, ma plausibili in base alla descrizione del test.
(continua)

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia
(parte 3)

L’ordine di grandezza del calore scambiato per doppia convezione da 1 cm2 di resistenza elettrica verso il palladio in idrogeno a pressione di 2 bar con una temperatura della resistenza elettrica di 450°C e del palladio di 400°C, supposta la temperatura del gas pari alla media vale:
Qc1 = 0.05 W

Il calore scambiato per irraggiamento da 1 cm2 di resistenza verso il palladio vale invece:
Qi1 = 0.4 W (cioè circa 8 volte maggiore di Qc1)

Se consideriamo invece il calore scambiato dal palladio verso il contenitore coibentato, supponendo che questo si trovi a 390°C e che il gas si trovi in questa zona a temperatura molto prossima a quella della parete coibentata del contenitore, data la superficie molto elevata di questa , si ha che il calore scambiato per convezione vale:

Qc2 = 0.02 W

Il calore scambiato per irraggiamento vale:
Qi2 = 0.07W (cioè circa 3.5 volte maggiore di Qc2.

Poiché il sistema è in equilibrio, dovrà essere che il calore fornito al palladio sia uguale a quello da esso ceduto e questo avverrà grazie alla differenza di superficie esposta verso la resistenza elettrica e verso il contenitore, ma anche grazie a una possibile dissipazione per conduzione termica lungo i tubi di connessione.

In ogni caso, nel momento in cui viene tolto il gas vengono a mancare le componenti di scambio convettivo. Come si vede in questo caso l’energia fornita al palladio (per irraggiamento) supera quella da esso ceduto al contenitore, col risultato che la temperatura del palladio, seppure controbilanciata in parte dall’assorbimento di calore da parte del processo di deassorbimento, aumenta per un breve periodo, finchè cioè la resistenza elettrica non riduce la propria potenza per riportare la temperatura del palladio al set point.
(continua)

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia
(parte 4)

A questo punto rimarrebbe da spiegare il motivo per cui il fenomeno si verifica col deuterio e non con l’idrogeno.

La spiegazione, a livello qualitativo può essere la seguente:
A parità di condizioni il coefficiente di scambio termico convettivo per l’idrogeno è discretamente superiore a quello del deuterio (secondo i miei calcoli, basati sul Kreith, da 35 anni la mia bibbia sullo scambio termico, l’idrogeno scambia il 37% in più).

Questo fa sì che la resistenza elettrica, nel caso dell’idrogeno, debba lavorare a temperatura inferiore rispetto al caso del deuterio. Infatti il calore che esce dal contenitore coibentato è praticamente lo stesso, mentre se il coefficiente globale di scambio termico tra resistenza e palladio è maggiore, la differenza di temperatura tra i due sarà minore. Ragionando al limite, se il coefficiente di scambio laminare per l’idrogeno tendesse all’infinito, la temperatura della resistenza sarebbe praticamente pari a quella dell’idrogeno e del palladio.

Questo fa sì che una volta tolto il gas, il calore scambiato tra resistenza e palladio si azzererebbe (irraggiamento tra superfici isoterme). Si azzererebbe anche quello scambiato con il contenitore (dato che se il coefficiente di scambio laminare è infinito anche la parete interna del contenitore ha la stessa temperatura dell’idrogeno e del palladio). Rimarrebbe solo il calore sottratto dal deassorbimento che porterebbe al raffreddamento del palladio senza anomali temporanei riscaldamenti.

Da notare che se questo è il meccanismo, sarebbe stato sufficiente coibentare meglio l’apparecchio (in particolare le connessioni pneumatiche che normalmente sono un considerevole ponte termico) per vedere scomparire il fenomeno.

Anche se hai già capito che ritengo anche questa dimostrazione poco convincente, ti darò maggiori motivazioni dopo averti presentato la mia analisi degli altri link che mi hai inviato (e che ho riportato sopra) perché meritano un giudizio complessivo. Alla fine sarò felice di discuterne insieme.
A presto
Mario

GianLupi ha detto...

"Solo quando si vedrà un test per il quale in nessun modo si potrà trovare una possibile spiegazione “tradizionale” si potrà dichiarare di essere probabilmente di fronte a un fenomeno LENR"
Con mia ampia modestia, avendo nel tempo guardato quà in rete una evoluzione non solo mediatica delle osservazioni sui comportamenti anomali della materia, aggiungerei che a questo punto basteranno le spiegazioni matematiche attraverso le vostre formule, per dare certezza teorica alla fusione controllata nei fenomeni piu' e piu' volte portati "in ebollizione"

Hermano Tobia ha detto...

@mario massa
Ho letto la tua interessantissima spiegazione del fenomeno osservato da Fralick, di cui ti ringrazio. Provo a porti alcune osservazioni, scusandomi preventivamente se dirò strafalcioni.

Fralick dice che la valvola viene aperta lentamente in fase di desorbimento: mi chiedo se in questo transitorio i moti convettivi cessino immediatamente oppure se il calore scambiato per convezione decresca anch'esso lentamente nel tempo ... nel caso bisognerebbe fare un modello quantitativo, penso abbastanza complesso.

Fralick sembra escludere la possibilità che calore "anomalo" del Pd sia dovuto alla resistenza: "During this time, the temperature control setting remained at 720 OF, and the
temperature rise was much more rapid than was possible using the electric heater."

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia
La valvola viene aperta lentamente e i moti convettivi diminuiscono lentamente: come dici tu l'analisi quantitativa è estremamente complessa: la mia voleva essere solo una indicazione di dove andare a indagare prima di classificare subito tutto come LENR.

"Fralick sembra escludere la possibilità che calore "anomalo" del Pd sia dovuto alla resistenza.."

Non sappiamo come sia realizzata questa resistenza. In genere è un filo avvolto su un sostegno di ceramica che circonda in buona parte il tubo di palladio. Se è così la capacità termica della ceramica è molto superiore a quella del palladio. Ciò vuol dire che appena viene a mancare lo scambio per convezione l'irraggiamento di questa massa calda innalza rapidamente la temperatura del palladio perchè l'energia irraggiata da questo verso il contenitore è inferiore a quella irraggiata dalla resistenza verso di lui. Il sistema di controllo vede salire la temperatura e riduce la potenza della resistenza, ma la temperatura ormai è salita. Poco dopo la temperatura comincia a scendere perchè la ceramica si è raffreddata e la resistenza ha ridotto la propria potenza.
Ovviamente sono solo ipotesi: occorrerebbe avere davanti l'apparato per formulare una ipotesi più attendibile. Mi sarei comunque aspettato che i ricercatori indagassero possibilità come questa per poterle escludere, invece nel report non compare che la frase che hai citato, che non ha alcun valore.

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia

Questa volta comincerò a prendere in considerazione due pubblicazioni in contemporanea, sempre relative al presunto calore anomalo che si presenta al momento del deassorbimento del deuterio dal palladio, perchè strettamente correlate. Esse sono:

http://www.lenr-canr.org/acrobat/LiXZcorrelatio.pdf

del 2003, ad opera di X.G.Li e:

http://newenergytimes.com/v2/library/2006/2006LiuB-ExessHeat.pdf

del 2006, sempre ad opera dello stesso prof. Li (che ebbi l'onore di incontrare per la prima volta nel '97).

Partiamo con la prima.

In questo test l'eccesso di potenza rilevato è veramente irrisorio (1.5 mW per mezz'ora) ben lontano dalla decina di W che avevamo deciso di considerare come minimo per poter prendere in considerazione un test. Ciononostante l'autorevolezza dell'autore, la seconda pubblicazione che mi hai inviato e la stretta correlazione col test della NASA del '98 consiglia di prenderla in considerazione.

Il test si è svolto così:

si è introdotto un tubetto di palladio (spessore 0.1mm, diametro 4mm, lungo 26mm) in un calorimetro Calvet (che utilizza 2500 termocoppie in serie per rilevare una variazione della temperatura della parete interna della camera da cui deduce il calore generato all'interno). Per migliorare la precisione il modello utilizzato ha 2 camere identiche, di cui una sola attiva. La seconda ha le termocoppie collegate in controserie a quelle della camera attiva. Il tutto è chiuso dentro un contenitore fortemente coibentato (dai dati si deduce una costante di tempo di circa 6 ore).
Dal momento che la cella attiva era attraversata dal deuterio, non è chiaro come venisse utilizzata la cella di riferimento (era anche essa attraversata da gas? Con che modalità?)

Il gas è stato introdotto all'interno del tubetto con una pressione di 1.4 bar (si suppone relativi) mentre l'esterno è stato mantenuto sotto vuoto a una pressione di 150 Pa (pari a 1.5 millibar, cioè sottovuoto modesto). Si è iniziato a scaldare il calorimetro e con l'aumentare della temperatura è aumentata la velocità di diffusione e conseguentemente si è ridotto il vuoto che la pompa riusciva a mantenere. Arrivati a 250°C si è spento il riscaldamento e si è lasciato raffreddare il sistema naturalmente, sempre con la pompa del vuoto in funzione. Man mano che il calorimetro (e quindi il palladio) si raffreddava la velocità di diffusione diminuiva e la pompa riusciva ad aumentare il vuoto (la parete interna del tubetto di palladio essendo rimasta collegata a 1.4 bar). Ci si aspettava che il deassorbimento del deuterio desse origine ad un assorbimento di calore. Tale calore non è visibile in figura 2, perchè probabilmente troppo piccolo data la bassissima velocità di raffreddamento.
(continua)

mario massa ha detto...

(parte 2)
Arrivati a 150°C avviene il fenomeno anomalo: si registra una generazione di calore (circa 1.5 mW per mezzora) e un contemporaneo aumento della pressione all'interno della camera attiva, da cui il sistema deduce un aumento del flusso di deuterio.
Poichè la portata del deuterio aumenta all'aumentare della temperatura del palladio (che non è misurata), si deduce che solo un aumento della temperatura del palladio può portare a un contemporaneo aumento del flusso e a una lettura di eccesso di calore.
C’è da notare comunque che il flusso di calore positivo registrato è compensato da un flusso negativo nelle due ore successive, come si può ben vedere in fig 2: il flusso netto di calore è quindi nullo e la spiegazione data dagli autori che fa riferimento al calore di de assorbimento non è per nulla convincente: se c’è deassorbimento nel periodo successivo, significa che c’è stato assorbimento in precedenza, quindi quei due picchi positivi possono essere calore di assorbimento.

Forse si verifica un aumento di X sulla faccia ancora esposta alla pressione (la temperatura scende e ciò abbassa la velocità di diffusione, ma aumenta il valore di equilibrio termodinamico di X), che genererebbe calore con conseguente aumento di temperatura e successivo rilascio di deuterio a causa del superamento dell’equilibrio termodinamico sulla faccia a bassa pressione, cosa che potrebbe ripetersi generando i due picchi: in pratica una instabilità temporanea del sistema che a una certa distanza dalla superficie ha raggiunto una condizione metastabile della concentrazione di deuterio.
Comunque le mie conoscenze di chimica sono scarse, per cui preferisco cercare una possibile spiegazione puramente fisica.

Come abbiamo detto il calorimetro Calvet calcola il calore generato all’interno della camera attiva misurando la temperatura media della sua parete interna per mezzo di un gran numero di termocoppie.

Il calorimetro è basato sul principio che la camera attiva posta all’interno raggiunge esattamente la temperatura di termostatazione del calorimetro, non avendo possibilità di scambiare calore con l’esterno. Una generazione/sottrazione di calore all’interno della cella è registrata dalle termocoppie che hanno il giunto freddo collegato alla grande massa interna del calorimetro mantenuta alla temperatura di termostatazione.

Cosa succede però se la camera attiva scambia materia (deuterio che entra e esce fluendo attraverso il palladio) con l’esterno? E’ chiaro che se il gas non giunge all’interno della camera attiva esattamente alla temperatura di termostatazione le termocoppie vedranno un flusso di calore. Il costruttore fornisce anche camere predisposte per questo utilizzo, ma mi pare che la cosa si complichi parecchio: come si deve attrezzare la camera di riferimento in questo caso? Gli autori non ne parlano.
(continua)

mario massa ha detto...

(parte 3)
In ogni caso la caduta di pressione di 2.4 bar genera un riscaldamento del deuterio per effetto Joule-Thomson con conseguente fornitura di calore al sistema che gli autori dicono essere trascurabile. Forse è trascurabile, ma purtroppo non ci è possibile calcolarlo, dal momento che il dato di flusso del deuterio indicato in fig 2 non è utilizzabile. Anzi se qualcuno mi spiega come è possibile in questo caso dare una misura di flusso in mPa/s gliene sarei grato. Mentre infatti è (quasi) corretto dichiarare il flusso proporzionale ai mPa/s per un gas che entra/esce da una camera chiusa, vorrei sapere che senso ha con una camera attaccata a una pompa del vuoto (in questo caso il flusso è circa proporzionale alla pressione assoluta, non alla sua derivata temporale); né è utilizzabile il dato indicato a pag 3097, espresso in milliampere (?).
In ogni caso gli autori fanno riferimento a un coefficiente di Joule-Thomson di -0.023 K/bar e sostengono che in quelle condizioni l’effetto Joule-Thomson è trascurabile, mentre in base alle mie tabelle in quelle condizioni il coefficiente per il deuterio vale -0.05 K/bar che è circa il massimo negativo. Ciò vuol dire che il gas nell’attraversare il palladio subisce un riscaldamento superiore a 0.1°C. Sarà trascurabile? Ricordiamo che stiamo misurando un eccesso di potenza di 1.5 mW.

Comunque se si mantengono le facce interna e esterna del tubo di palladio alla stessa pressione eliminando il flusso di gas dall’esterno del calorimetro il calore anomalo scompare. Da questo gli sperimentatori deducono che per avere il calore anomalo è necessario che il gas fluisca attraverso il palladio. Tre anni dopo gli stessi autori dedurranno (nella pubblicazione che analizzeremo la prossima volta) che non è necessario che la parete sia attraversata dal flusso, ma è sufficiente che il deuterio esca dal palladio. Ci si chiede se alla fine del test con calorimetro Calvet e pressioni identiche sulle due facce gli sperimentatori non abbiano depressurizzato il sistema. Secondo quanto verificato nel test che analizzeremo la prossima volta avrebbero dovuto rilevare nuovamente la generazione di calore anomalo. Forse non se ne accorsero nel 2003, ma perché tre anni dopo non hanno rifatto il test col calorimetro Calvet secondo questa modalità?

In ogni caso mi pare che sarebbe stato corretto ripetere l’esperimento sostituendo il palladio con una membrana permeabile (es. ceramica porosa) in modo da ricreare le stesse condizioni di flusso e pressioni, ma senza la possibilità di calori anomali, per vedere se effettivamente il calorimetro non è influenzato da un flusso variabile di gas all’interno e se il salto di pressione che il gas fa e il conseguente effetto Joule-Thomson non possa alterare la misura.

Può essere che i miei dubbi vengano risolti dalle pubblicazioni successive a cui ho dato solo una occhiata, ma anche oggi devo concludere che questo test non posso considerarlo una inequivocabile dimostrazione di calore anomalo.

mario massa ha detto...

@Hermano Tobia

Oggi prendo in considerazione questa pubblicazione che mi hai linkato:

http://newenergytimes.com/v2/library/2006/2006LiuB-ExessHeat.pdf

sempre ad opera del prof X. Z. Li.

Questa volta il palladio è sottoforma di un dischetto di 20mm di diametro e spessore 0.1mm. Esso è inserito in un giunto rapido tra due tubi come schematizzato in fig 1. Il dado del giunto è stato forato per permettere il passaggio di (2?) termocoppie che controllano la temperatura del bordo del palladio. Si direbbe che la tenuta pneumatica è metallo su metallo con il palladio che funge da gasket. Sull’esterno del dado è avvolta una resistenza che permette di scaldare tutta la giunzione e quindi anche il disco di palladio.

Dopo aver fatto il vuoto, si è inviato palladio da entrambe le parti del dischetto a pressione atmosferica e si è sigillato il sistema (le due camere separate dal palladio erano in comunicazione pneumatica tra loro).
Si è poi alimentata la resistenza elettrica a potenza costante (113W) e ciò ha portato la temperatura del palladio a 330.2°C in un’ ora e mezza. Mi chiedo perché non si è coibentato il sistema in modo da ridurre drasticamente la potenza applicata. Questo avrebbe ridotto di molto le possibilità di errore.

All’inizio del riscaldamento la pressione è scesa di 3 mbar a causa dell’assorbimento, poi è cominciata a salire per la dilatazione termica.
Quando la temperatura era abbastanza stabile (330.2°C), la pressione era 5 mbar sopra quella di partenza. A questo punto è stata avviata la pompa del vuoto. La pressione ha raggiunto 0.1 mbar. A questo punto è stata avviata la pompa turbo molecolare e la pressione è scesa a 10^-4 mbar.

Poco dopo l’inizio del degasamento si è avuto un evidente aumento della temperatura del bordo del palladio che ha raggiunto i 339.8°C. La temperatura è rimasta alta per più di un’ora, mentre la pressione scendeva a 10^-5 mbar.

Alla fine del documento viene fatta una stima della potenza termica in eccesso: 3.5W, che considerando il volume del dischetto corrispondono a 114W/cm3, una potenza veramente impressionante (paragonabile a quella dichiarata da Rossi nel suo E-CAT).

E’ interessante notare come questa volta i ricercatori si siano posti il problema dei possibili mutamenti dei coefficienti di scambio, ma deducono che non possono influire dal momento che dopo un’ora dal picco termico la temperatura del palladio si è riportata al valore originale. Concordo con loro che questa spontanea riduzione esclude spiegazioni legate ai coefficienti di scambio, dato che questa volta, al contrario del test NASA il sistema non è termostatato, ma la potenza elettrica è stata mantenuta costante.

Propongo allora una spiegazione chimica del fenomeno. Data la mia ignoranza in materia può darsi che dica cretinate, in tal caso spero che qualcuno mi corregga.
Mi risulta che il palladio sia debolmente permeabile all’ossigeno e che a pressione ambiente e temperature inferiori a 400°C l’ossidazione del palladio avvenga nella massa e non in superficie, proprio per questa capacità dell’ossigeno di diffondersi nella massa del metallo, come fa l’idrogeno, anche se in quantità enormemente minore.
(continua)

mario massa ha detto...

(parte2)
Ora ricordo che la temperatura del disco del palladio è presa sul bordo e che tale bordo è esterno alla zona permeata dal deuterio. Ancora una volta occorrerebbe avere davanti la cella per poterla analizzare, ma da come è descritta è estremamente probabile che il bordo del palladio sia esposto all’aria ambiente. Alla fine del caricamento quindi ci troveremmo con del palladio contenete molto deuterio, a 330°C.

Dal momento che la parte di palladio interna al dispositivo si trova sotto vuoto, l’ossigeno tenderà ad entrare nel palladio attraverso il bordo e ossiderà l’idrogeno presente generando calore sul bordo del disco, proprio ove sono poste le termocoppie. Una volta estratto tutto il deuterio mediante la pompa turbo molecolare il fenomeno scompare.

Sarebbe stato sufficiente effettuare il test mantenendo la celletta sotto vuoto o circondata da azoto anziché aria per escludere questa spiegazione.

Perché questa spiegazione sia credibile occorre almeno che la quantità di idrogeno presente nel bordo del palladio sia sufficiente a mantenere l’eccesso di potenza per il tempo rilevato dagli sperimentatori (circa 1 ora).
Possiamo considerare il volume interessato pari a solo un anello di diametro 20mm e larghezza 5mm, spessore 0.1mm: il volume è circa 0.03cc. Questo volume, supposta una concentrazione di deuterio X = 0.3 (che appare ragionevole) conterrebbe 0.015 l di deuterio, in grado di erogare 0.1 W per 1 ora.

Vengo alla dichiarazione di potenza in eccesso.
Il calcolo effettuato dagli sperimentatori non ha alcun senso. Si registra un aumento di temperatura di 10°C di un bordo di un dischetto spesso 0.1mm e si deduce che la potenza termica fornita è aumentata in proporzione, cioè 3.5W. Se invece di utilizzare una resistenza da 113W che ricopre i 5cm del giunto, ne avessimo usata una da 113kW che si estendeva per 50 metri avrebbero dedotto che quel dischetto forniva 3.5kW? Il loro conto avrebbe avuto senso solo se avessero verificato che tutto il sistema (e non solo il bordo del dischetto) si era alzato di 10°C il che appare inverosimile.

Osservando la figura 2 si nota un aumento lineare della temperatura del palladio nel tempo. Dal momento che il sistema in fase di riscaldamento ha raggiunto la stabilità in 1.5 ore, mostrando una costante di tempo di circa 15 minuti, si deduce che, ammesso che la potenza in eccesso fosse costante, il calore stava fluendo verso una massa termica (giunto + resistenza).
Dai dati (3.5W, salita di 10°C in 1 ora) si deduce una massa termica pari a 1200 J/°C. Considerando che il giunto sia in acciaio inossidabile si dedurrebbe che esso pesava circa 3 kg, il chè è ovviamente assurdo (il peso di quel giunto è al massimo 1kg. Il valore di potenza dichiarato appare quindi sovrastimato almeno di un fattore 3.

Possiamo calcolare la potenza realmente generata considerando il calore scambiato da quel dischetto verso il giunto a seguito della conduzione termica sulla superficie di contatto.
Si possono considerare 2 resistenze termiche in serie: la prima è quella tra il bordo del dischetto (ove sono posizionate le termocoppie) e il punto di contatto con il giunto, l’altra tra il punto di contatto e la massa del giunto.
In base alle misure supposte mi risulta R1 = 8 °C/W ; R2 = 5 °C/W e la resistenza totale R = 13 °C/W. Per ottenere un delta T di 9.6°C occorrerebbero quindi 0.7 W a cui va aggiunta la potenza scambiata per irraggiamento che risulta essere circa 0.2W.

Anche se il dato di potenza in eccesso corretto fosse quello ora calcolato (4 volte inferiore a quanto calcolato dagli sperimentatori), l’energia chimica che il deuterio assorbito può erogare appare insufficiente (di un fattore 7) per spiegare il fenomeno.
(continua)

mario massa ha detto...

(parte 3)
Questo test appare quindi un test molto interessante e facile da replicare. Proporrei quindi di replicarlo chiedendo aiuto a Camillo Franchini per reperire il palladio e il deuterio. Il costo dovrebbe essere modesto e posso sostenerlo interamente io. Il test può essere eseguito nel mio laboratorio ove mi pare sia disponibile tutta l’attrezzatura necessaria, compreso l'idrogeno per il controllo (non ho la turbo molecolare, che però mi pare non sia indispensabile).

Non posso però non elencare le incongruenze che si possono cogliere leggendo insieme queste tre pubblicazioni. E’ la presenza di queste incongruenze che a mio avviso porta alla necessità della replica e non permette di accettare il test effettuato dai cinesi come inattaccabile.

Tutti i test sono estremamente simili: utilizzano solo palladio puro (spessore 0.1mm per i test cinesi, spessore non dichiarato per il test NASA) e deuterio, dichiarano erogazione di calore anomalo nel momento del degasamento, dichiarano l’assenza di qualsiasi segnale di tipo nucleare. Gli ultimi due poi sono eseguiti addirittura dallo stesso team.

Ciononostante si riscontrano le seguenti incongruenze sui valori dichiarati:

1 – densità di potenza
Ci si aspetterebbe densità di potenza simile, invece nei tre casi essa vale: 17 W/cc per il test NASA; 50 mW/cc per il test del 2003; 114 W/cc per il test del 2006.

2 – energia prodotta per cc
Anche qui ci si aspetterebbe una quantità simile, invece nei tre casi si ha: 500 J/cc per il test NASA; 100J/cc positivi (0 J/cc totali) per il test del 2003; 500.000 J/cc per il test del 2006

3 – necessità di differenza di pressione tra le facce del palladio.
Il test della NASA avviene senza alcuna differenza di pressione tra le facce; il test del 2003 dichiara che l’eccesso di calore si presenta solo se c’è differenza di pressione tra le facce; il test del 2006 avviene senza differenza di pressione tra le facce.

4 – confronto palladio – idrogeno
Il test della NASA dichiara che l’eccesso di calore avviene solo con idrogeno; gli altri due test non effettuano il test con idrogeno (il che appare una grave mancanza).

5 – durata del fenomeno
Nel test della NASA il tempo non è dichiarato, ma si capisce dal test che è durato alcune decine di secondi; nel test del 2003 il tempo è stato di circa mezzora, cui è seguito un calore negativo per due ore con un bilancio totale nullo; nel test del 2006 il fenomeno è durato circa 1.5 ore.

Leggerò anche gli altri link che mi hai segnalato. Per la replica alla pubblicazione di Focardi dovrai attendere perché non riesco a trovarlo. Appena riuscirò a parlargliene, se non ha nulla in contrario, te la posterò qui.

Attendo tue repliche alle mie considerazioni. Ovviamente l’invito a discuterne vale per tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere. In particolare mi interesserebbe il parere sull’opportunità di replicare il test del 2006 (modificato in modo da non avere ossigeno all’esterno).
Ciao
Mario

sandro75k ha detto...

@Mario massa

per eventuali test e repliche, se ti fa piacere, ci sono sempre...

gio ha detto...

Andrea Rossi
August 1st, 2012 at 4:59 PM
Dear Seppo:
It is possible to have other heat sources, but not easy because the heating must be precisely focused. We are working also on this issue.
Thank you for rephrasing,
Warm Regards,
A.R.

mario massa ha detto...

@Sandro
Certo che mi fa piacere! Se si farà il test con Mistero, gli proporrei di riunire chi come noi crede nella sperimentazione e non nelle chiacchiere, scettici o meno, per replicare il test cinese del 2006.

sandro75k ha detto...

@Mario Massa

leggendo per il poco che mi è possibile per conclamata incapacità le tue spiegazioni "chimiche" agli eccessi supposti di calore vedo che cerchi sempre ed ovviamente di considerare fenomeni di ossidazioni in punti localizzati precisi... Hai considerato anche fenomeni di polimorfismo e quindi di repentini cambiamenti di fase "cristallina"? Questi picchi positivi e negativi non potrebbero corrispondere a tali cambiamenti della disposizione reticolare dell'idruro metallico formatosi?

sandro75k ha detto...

se in fase di riscaldamento l'aumento della temperatura è lineare, la mia ipotesi è una cazzata...

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